Continuiamo con l’alfabeto del biofuturo.
Per ogni lettera, focus su un evento.
Dopo l’Antrace e i livelli di Biosicurezza, Coronavirus, Deforestazione e l’Eziologia, Futuro, Genotipo e Hendra, Infezioni, Knowlesi plasmodium e legionella parliamo di Mascherine, Nipah e Ozono.
Mascherine, Nipah, Ozono
Mascherine
Le mascherine sono dispositivi di protezione individuale (DPI) che proteggono le vie respiratorie da polveri, gas, vapori oppure aerosol che contengono sostanze o microrganismi nocivi per la salute.
Le mascherine di protezione si dividono in due categorie:
- chirurgiche (nate per proteggere gli operatori sanitari dalla contaminazione)
- FFP2 e FFP3 (pensate per proteggere dalla contaminazione esterna)
Mascherine chirurgiche
Nel 1897 il chirurgo austriaco Johann von Mikulicz Radecki ipotizzò l’utilizzo di una protezione su bocca e naso per non contaminare il campo operatorio.
Nel Novecento, poi, si diffuse l’idea che un dispositivo come la mascherina potesse evitare il propagarsi di epidemie e che potesse essere ampliato l’utilizzo anche alla popolazione.
Foto dell’epoca testimoniano il fatto, che, ad esempio, durante l’epidemia dell’influenza spagnola del 1918, le persone ne facessero uso.
Le mascherine chirurgiche sono dispositivi monouso, costruite sovrapponendo tre strati di tessuto non tessuto, uniti mediante un processo di fusione a caldo.
Questi dispositivi forniscono una protezione nei confronti della diffusione di virus e batteri bloccando le goccioline (droplet) emesse dalle persone che le indossano.
Sono indicati per un utilizzo quotidiano in luoghi non affollati e non contaminati, sono utili per proteggere gli altri dal contagio, se chi la porta è infetto o potenzialmente tale.
Hanno, invece, per chi le indossa un basso livello di protezione rispetto agli agenti esterni.
Mascherine Ffp2 e Ffp3
Le mascherine filtranti (Ffp2 o Ffp3) limitano il più possibile il contatto con virus o batteri.
Queste tipologie di mascherine sono state elaborate negli Anni Sessanta, tuttavia le origini risalgono addirittura al 1910.
La storia narra che il primo utilizzo di questo dispositivo, lo si ebbe in Cina agli inizi del secolo scorso, quando tal Wu Lien-teh, medico che collaborò a tenere sotto controllo un’epidemia di peste, si rese conto che le mascherine chirurgiche indicate come mezzo anti-contagio, avevano un’efficacia decisamente bassa.
Così ne mise a punto una versione composta da strati di garza e cotone sovrapposti, con una forma a conchiglia che aderiva perfettamente al viso per coprire naso e bocca.
Questi dispositivi di protezione individuale hanno alcuni strati: la parte esterna della mascherina protegge dalle particelle più grandi, lo strato successivo filtra le particelle più piccole (fino a 10 micron di diametro).
Lo strato a contatto con il viso ha funzione di mantenimento della forma e di protezione dall’umidità che viene prodotta con il respiro umano.
Le mascherine Ffp2 e Ffp3 vengono utilizzate anche per proteggere gli operatori da polveri, fumi e nebbie nel campo siderurgico, farmaceutico e metallurgico ad esempio.
Nipah
La malattia da virus Nipah ha origine nell’Asia meridionale.
I primi focolai epidemici sono stati registrati in Malesia, Singapore, India e Bangladesh, dopo l’isolamento del virus avvenuto nel 1999.
Il virus Nipah è il responsabile di una zoonosi (malattia che colpisce gli animali e l’uomo) e appartiene alla famiglia Paramyxoviridae, genere Henipavirus.
I diffusori di questo virus sono i pipistrelli della frutta (Pteropus), che possono infettare gli uomini attraverso saliva ed escrementi, o trasmettendo il virus a ospiti intermedi, come i suini, i quali, sviluppando una malattia respiratoria, rischiano di diventare untori del virus per gli uomini.
È stata dimostrata una sieropositività nei gatti, nei cani e nei cavalli: categorie a rischio, quindi, sono allevatori di animali e gli addetti nei mattatoi.
La trasmissione da uomo a uomo è stata osservata occasionalmente.
Questo agente patogeno è (secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità) a tutti gli effetti candidato a responsabile della prossima pandemia, anche se oggi è ancora limitato alle aree rurali dell’estremo oriente.
Il rischio che possa diffondersi, però, è reale.
Ciò che preoccupa di più è un tasso di mortalità tra il 40 e il 75% oltre che un livello elevato di contagiosità.
L’infezione è altamente pericolosa poiché attacca il cervello ed ha il potenziale di mandare in coma le persone nel giro di appena 24 ore.
Ozono
L’ozono è un gas che per sua natura tende a interagire con altre sostanze e ritrasformarsi in molecole di O2 (ossigeno) ed è composto da tre atomi di ossigeno.
L’ozono si forma in modo diverso a seconda dell’ambiente circostante.
Viene prodotto in atmosfera dalla reazione tra ossidi di azoto, composti organici volatili e raggi solari.
Nelle abitazioni può essere emesso da strumenti elettrici ad alto voltaggio come motori elettrici, stampanti laser, apparecchi che producono raggi ultravioletti, filtri per pulire l’aria, se non correttamente installati e senza un’adeguata manutenzione.
Le sorgenti primarie negli ambienti indoor sono l’aria esterna, tutti i sistemi di combustione e il fumo di tabacco.
Sorgenti secondarie sono spray e fumi di alimenti.
L’ozono è un gas inquinante che può essere molto tossico per l’uomo: irrita le mucose ed una lunga esposizione può causare tosse, mal di testa ed edema polmonare.
L’ozono, chiamato anche “ossigeno attivo” per le sue caratteristiche di volatilità, è utilizzato in diversi ambiti della sanificazione, per abbattere la presenza di batteri, muffe, funghi e cattivi odori, riuscendo ad eliminare fino al 99,98% di queste impurità.
Il trattamento con ozono risulta più efficace rispetto ai tradizionali detergenti chimici e il Ministero della Sanità (con il protocollo 24482 del 31 luglio 1996) ne ha riconosciuto l’utilizzo nel trattamento dell’aria e dell’acqua come presidio naturale.